Friday, December 18, 2015

Piccolo avanzamento di piccologia evolutiva



No non si rifulge come stelle nella notte
si salta e si rosicchia come tarli cavallette
per avidità di mete raggiunte e oltrepassate
ci vorrebbe per noi un globo illimitato
per quel paio frontale lobo cerebrale
che ci spinge a sfrenato desiderio
tanto grande da apparire vasto piano
allora per un tempo lungo sebbene limitato
riusciremmo ad acquietarci ad esultare
tu prenditi quello spicchio della torta
grande tanto quanto riesci a misurare
lui si ritagli tessera da incastro
con la forma che gli pare affine
lei abbia arcipelago e barriere
di coralli colorati a profusione
e loro invaghiti d'antri di un Vulcano
prendano lande dove si perda il rombo
i fumi di carboni e di metalli fusi
noi vorremmo spazio per la zecca
dove coniare medaglie monete stemmi
da vendere per divertimento ai pellegrini
anche voi sarete accontentati tutti
io non so dirvi come ma son certo
che nessuno inveirà sotto le intemperie
e patirà sete sotto il Sole.

Post scriptum:
ci vorrebbe per noi un globo illimitato
tanto grande da apparire vasto piano

Rileggendo a due giorni di distanza questi due versi non consecutivi,
m'è sembrato di aver scritto una cosa illogica.

Più logico sembrerebbe questo:

ci vorrebbe per noi un vasto piano
tanto grande da apparire globo illimitato.

Invece era tutto giusto come nell'immagine da cui i versi sono scaturiti:
Più una sfera, quindi un globo, s'ingrandisce, più la sua curvatura s'appiattisce, quindi l'orizzonte è un vasto piano, appunto.
E inoltre illimitato non è perfetto sinomimo  di infinito.
Infatti la superficie di una sfera, proprio topologicamente parlando, è illimitata ma non necessariamente infinita.
Grazie per l'attenzione.
Una delle risorse più scarse e limitate, di questi tempi.

Marco Sclarandis

Thursday, December 17, 2015

Piccologia evolutiva.

Posso dire che stiamo inaugurando una nuova branca del sapere umano:
la "Piccologia evolutiva"
Che non è lo studio delle piccole cose, almeno non innanzitutto, ma quello dell'evoluzione ed adattamento al picco d'ogni risorsa.
(Jacopo, abbiamo uno stagno grande come un oceano in cui sguazzare! Salutiamo Cassandra e diamoci ad Apollo o Mercurio o ad Atena, o a chi ci sorride più amichevolmente!).
 

Marco



No non si rifulge come stelle nella notte
si salta e si rosicchia come tarli cavallette
per avidità di mete raggiunte e oltrepassate
ci vorrebbe per noi un globo illimitato
per quel paio frontale lobo cerebrale
che ci spinge a sfrenato desiderio
tanto grande da apparire vasto piano
allora per un tempo lungo sebbene limitato
riusciremmo ad acquietarci ad esultare
tu prenditi quello spicchio della torta
grande tanto quanto riesci a misurare
lui si ritagli tessera da incastro
con la forma che gli pare affine
lei abbia arcipelago e barriere
di coralli colorati a profusione
e loro invaghiti d'antri di un Vulcano
prendano lande dove si perda il rombo
i fumi di carboni e di metalli fusi
noi vorremmo spazio per la zecca
dove coniare medaglie monete stemmi
da vendere per divertimento ai pellegrini
anche voi sarete accontentati tutti
io non so dirvi come ma son certo
che nessuno inveirà sotto le intemperie
e patirà sete sotto il Sole.

Marco Sclarandis

Thursday, December 10, 2015

La notte dei doveri, dell'uomo.

Inizio questo post ricordando a me stesso in primis, che oggi è dedicato alla Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo.
E proseguo citando questo post, che preferisco venga letto sul sito d'origine:

http://ugobardi.blogspot.it/2015/12/ottimismo-e-sovrappopolazione-come-non.html

Mi piacerebbe che domani, anche a cominciare dalla sera, fosse dedicato ad una Dichiarazione universale dei doveri dell'Uomo.
E il primo di questi doveri, dovrebbe essere quello sacro agli antichi popoli mediterranei, quello dell'ospitalità.
La Terra ospita da tempi antichissimi pellegrini d'ogni genere, rispettando e facendo rispettare regole ferree,
ma a ragion veduta imparziali.
Siamo arrivati noi, e queste regole le abbiamo modificate, unilateralmente. 
Noi umani ultimi, pretendiamo di decidere chi dev'essere ospitato scegliendo tra quelli arrivati per prima.
Sembra che lo possiamo fare, ma è una insidiosa apparenza.
Chi ci ospita, proprio per la sua natura tace, ma non è detto che acconsenta.
Infatti ora che abbiamo invaso stanze, corridoi, sottoscale, cantine, torrette, giardini, limonaie, stalle, orti  grottini, 
insomma ogni angolo della Gaia reggia, aleggia aria di cacciata.
E la preda farebbe bene a guardarsi alle spalle e allo specchio.
Invece di essere in preda all'euforia di ulteriore crassa baldoria.
Quanti ospiti come noi prevede la lista degli invitati su questo Pianeta? 
Tanto facile a domandarsi tanto quanto difficile rispondere.
Come nella réclame di una banca italiana, ogni Homo più o meno sapiens,  ha a disposizione un cerchio
di poco più di duecento passi di diametro.
Di superficie, non di Terra e terra, ferma, fertile, e come si dice, al sole. 
Sorvolare su questo fatto, è da imbecilli.

Mi viene in mente un rovello ancora senza risposta 
Quanti sono i numeri primi gemelli?
Un tot o infiniti?
Stessa incertezza per quanto riguarda le Terre gemelle.
E se anche fossero centinaia si sa che sono per ora e lo saranno per un bel pò di tempo, irrangiungibili. 
A portata di immaginazione e di fantasticheria, ma si sa di soli sogni non ci si sfama.
Occorrono almeno delle umili ma molto concrete patate o tuberi consimili.

 L'ultima immagine del post di cui sopra, contiene un fatto che a molti non appare evidente.
Già a molta gente non è abbastanza evidente che una crescita esponenziale non è sincrona con il tempo, 
nel senso a parità di periodo di crescita, la quantità di ciò che cresce aumenta più che in diretta proporzione.
Un concetto appena più sottilmente complesso è quello che esistono infinite crescite esponenziali.
Una cosa che cresca al cubo è più invadente di una cosa che cresca al quadrato, per esempio, 
e alla decima potenza è più che esplosiva.
Figuriamoci qualcosa che cresca in modo esponenzialmente esponenziale.
Cioè che man mano che cresce cresce anche l'esponente.
Per intenderci, non un numero "x"= 1,2,3 che che cresce con il suo quadrato 2,4,8 e così via,
e nemmeno con il suo cubo 1,2,3 quindi 3,9,27 o 1,2,3 che alla decima potenza diventa 10,100.1000.
Ma qualcosa simile a x = 1,2,3,4,5,6 che diventa 1, ,4, 27, 256, 3125, 46656,....
e, raggiunto il 10 diventa 10.000.000.000, dieci miliardi. (da notare che la quantità di cifre del risultato è almeno uguale a x, perciò quando x diventa cento il risultato è x alla centesima, ovvero un numero di cento cifre, centouno per l'esattezza)
Invece che un tranquillo x che si accontenta di raddoppiare a scadenza fissa 1,2,3,4,5.......2,4,8,16,32.
E che dopo dieci raddoppi diventa solo, si fa per dire 1.048.576 (un milionequarantottomilacinquecentosettantasei).
Ecco qui una altro fatto poco evidente alle folle, cioè che senza le notazioni esponenziali 
sarebbe quasi impossibile parlare di certi numeri.
Una cosa simile a quella che avvenne quando si comprese che adoperare i numeri romani per fare i conti dei commerci medievali stava diventando un ginepraio impercorribile.
E qui siamo solo nell'ambito dell'aritmetica, in fondo.
Figuriamoci passare in quello della matematica.
Ma qualcuno si chiederà che cosa centra, e lo dico senza l'apostrofo.
Centra centra, anche c'entra, eccome.
Procreare senza tenere tenere conto di quanto esteso sia un campo di patate 
e quante patate possano crescere se piove troppo o troppo poco,
puo essere un atto di fede, ma se questa viene mal riposta diventa un gesto di disprezzo della umana ragione e ragionevolezza.
E siccome di patate si campa, e non solo di racconti sui raccolti  delle patate, con le suddete bisogna fare sempre i conti 
e anche piuttosto esatti, per così dire.
Dimenticavo, ci sono ovviamente le crescite e le decrescite esponenziali con esponente frazionario e complesso, dove l'esponente non è un semplice numero, per quanto grande o piccolo che sia, ma è una operazione essa stessa.
La più famosa di tutte è quella che implica il numero "e" quello che è insito in ogni funzione esponenziale, pi greco che è insito dovunque vi sia un cerchio o un moto armonico, anche in una canzonetta per capirci, "i" che sta dovunque scorra una corrente elettrica appena appena sfasata rispetto alla tensione che la spinge, oltre che in tanti altri luoghi, lo "0" e l' "1", e per fortuna questi due numeri non hanno bisogno di particolari definizioni.
Riassunta in una sola locuzione. La formula di Eulero: e elevato ad i per pigreco, più uno, è uguale a zero.
E'giusto chiedersi a che cosa serva questa formula, e non è obbligatorio capire che cosa significhi.
Ma mangiando patate e poco altro di più sostanzioso, l'abbiamo scoperta e cosa sublime,
si sa che è una regola del funzionamento dell'universo intero.
Per chi ha la pancia piena , ma la testa vuota, dovrebbe già bastare.

Chi vuol esser bruto sia, nel doman abbia orrendezza.

(anonimo XXI secolo)

Marco Sclarandis
 

Wednesday, December 9, 2015

L'imitazione del resto

Limitazione del resto.
Tra il titolo e l'icipit di questo post c'è solo una piccola differenza. Un apostrofo.Che tipograficamente è solo una virgola che libra capovolta tra due parole.
Nel parlato può essere difficile distinguere le due frasi, se non si considera il contesto del discorso in cui sono pronunciate.
Ma alla fine questa coppia di frasi foneticamente identiche contiene solo tre parole chiave.
Volendo giocare con le parole, gioco talvolta pericolosissimo ma altrettanto irresistibile, una parola chiave,una parola porta, ed una parola serratura.E l'insieme dà accesso ad un mondo intero, più che ad una stanza.
Poi , se uno ha abbastanza immaginazione può pensare ad una "Wunderkammer" *e vedere la stanza come se fosse anche un castello intero.Limitazione, imitazione e resto.Ecco le parole che ho fatto materia da fabbro.
Anche qui, fabbro, è quanto mai parola appropriata.
Siamo ormai orda di fabbri scatenati .Ne senso lato della radice etimologica del termine.
Gente che fa,  che fabbrica, che fa fabbriche che ne alimentano altre che poi ne alimentano le prime.In circoli ormai disastrosamente viziosi, non in sè e per sè, ma perchè ogni cosa ha un limite.
Appunto riecco la limitazione scrocchiare nella serratura che serra o apre la porta.E, ma io n c'entro, perchè le parole non le ho inventate io, se no non sarei a scrivere queste cose, ecco la parola serra da cui l'effetto omonimo.
Potrei perdermi in un aracnideo labirinto di significati, ma non voglio.
Parto invece da questo nodo doppio e dai suoi intrecci con gli altri.
Limitazione del resto , L'imitazione del resto.

Che cos'e questo resto? Dipende da chi lo pensa. Nel mio pensiero, ora è la vita terrestre in tutte le sue forme.
Lo chiamo resto perchè da molto tempo noi umani ci consideriamo un intero, un conto a parte,e tutti gli altri esseri viventi, 
pur contribuendo alla somma della Vita sono una specie di parte frazionaria , un avanzo, qualcosa che sottostà a noi.
Di fatto, tutti i fatti , gli indizi che sono in realtà prove e pesantissime pure, mostrano che noi umani siamo giunti per ultimi qui sulla Terra.
Ma stiamo facendo di tutto per uscirne primi o comunque presto, appunto limitando la vita degli altri, 
quelli che non sono specie umane.
Anche quella degli altri come noi, sia chiaro.Una sorta di nazi-onanismo planetario.
Se vogliamo stare qui ancora  a lungo, locuzione che è difficile da quantificare, perchè lungo riferito al tempo può portare a discussioni interminabili,dobbiamo in brevissimo tempo, una generazione, trovare un equilibrio tra imitazione e limitazione di ogni cosa resti, avanzi, residui e a parte compresi. 
Noi maneggiamo tempi che vanno da quello di Max Planck, 10^−43 secondi fino alla interminabile  vita presunta dei protoni, 
10^33 anni, ovvero 10^76 in istanti di Planck.
Ed ammiriamo i 10^60 istanti di Planck finora ticchettati da un ipotetico inizio dell'universo osservabile.
Purtroppo dobbiamo fare i conti con un misero, anzi inferiore a 10^5,  metri quadri pro-capite 
per quanto riguarda lo spazio terrestre in cui viviamo.
Anche lastricando di condomini e di grattacieli, savane, deserti e paludi quel dieci alla quinta non raddoppia nemmeno.
Figuriamoci far salire di una entità quell'esponente.Praticamente impossibile, e per varie e molto prosaiche ragioni.
Se, e lo abbiamo sempre fatto e questo va a nostra discolpa, perfezionassimo l'imitazione degli altri dai più nanoscopici a quelli giganteschi, e di esempi ne abbiamo a decine di milioni, in varietà che in quantità è un numero anch'esso rappresentabile in modo pratico solo con la notazione esponenziale, potremmo affrontare adeguadatamente questo particolare passaggio 
da 10^ 9 alla 10^ 10 , cifre riferite alla possibile prossima popolazione umana sulla Terra.
Noi siamo qui e siamo in tanti anche in virtù del sacrificio di inimmaginabile orde di esseri viventi d'ogni genere e specie, nel senso proprio zoologico del termine.
E siamo quello che siamo, esseri con una mente praticamente insaziabile, senza apparente ragione.
Anzi, per quale motivo l'universo visibile, sostanzialente fatto di vuoto, sebbene il vuoto non sia il nulla, ci ha stipati su di una sfera così limitata?
Chi vuole credere che presto o anche tardi conquisteremo le vastità cosmiche, siderali, deve fare due conti sul retro d'una busta, 
e considerare che si tratta di fede nella scienza, ma sempre di fede si tratta.
Concludo proprio per la consapevolezza che ogni cosa è limitata oltre che imitata, sapendo che esiste un famoso scritto da cui ho parafrasato il titolo di questo post. 
Scritto interessante per chiunque, che creda nell'assurdo, nel razionale, nel logico, nel paradossale 
o che semplicemente è assai probabile che domani sorga di nuovo il Sole.

 Si trova anche a questo indirizzo: http://www.maranatha.it/Testi/TestiVari/Testi1Page.htm


* "Wunderkammer" * letteralmente camera, stanza delle meraviglie.

Sunday, December 6, 2015

Ora sei ancora principessa sulla strada



Mentre la catena trae
i denti della corona e del pignone
ogni osso dell’ordigno birotato
ogni tendine ganascia insieme
al derma circolare morbido
collaborano in dinamico equilibrio
prodigio biomeccanico si compie
eccelle termodinamica efficienza
la vista del percorso mi distrae
dalla bolletta la fattura la scadenza
divengo vela al vento su sentiero
muscoli e pedivella si fan onde
braccia sguardo olfatto udito
si mutano in timone e Ulisse
m’invidia mi sorride Icaro
il fruscio della gomma sul’asfalto
il brusio sullo sterrato
sul pavè quel suono ritmico
non m’impediscono interiore lavorìo
raggi si flettono e trasmettono momento
cascate  scalinate percorse d’energia
biochimica cinetica angolare
con un manubrio mi sento già torero
e domo bestia al mio volere
dirigo le sue corna dove voglio
sella è trono di un imperatore
leve frenanti screttri nelle mani
allora mi domando come
tu bicicletta in quali menti stavi
assorte ad escogitare meccanismi
ordigni di passioni bellicose
e a lungo nascosta sei rimasta
un conte francese ti ha svegliata
dal sonno in quella selva d’invenzioni
ora sei ancora principessa sulla strada
presto diverrai regina incoronata.

Saturday, December 5, 2015

Galeotti furono i torsoli e le bucce.



 
Bucce torsoli.jpg
                                               http://ecoalfabeta.blogosfere.it/post/283611/il-teorema-di-geppetto

Potrei incominciare raccontando di una passeggiata in giro per Ancona nell’ormai lontano Febbraio del 2008.
Nonostante i nostri cognomi, era per i nostri nomi che potevamo sentirci due evangelisti.
Di cambiamento climatico si parlava già da tempo, ma erano ancora pochi gli ascoltatori attenti.
D’altra parte, anche se una dozzina di uomini hanno camminato sulla Luna, pensare in quanto umanità composta  da alcuni miliardi di individui d’essere riusciti a modificare il clima di un pianeta di 13000 chilometri di diametro e 500 milioni di chilometri quadrati di superficie, sembrava e sembra ancora a molti una fanciullesca fantasia.

Noi due ritenevamo invece che una prosaica ed indigesta realtà si sarebbe di anno in anno disvelata.
E siamo seccati e parecchio di aver avuto ragione.E prevedere d’averne ancora molta in futuro.
Credo fu allora che seppi come arrivare alla persona che ospita questa lettera in questo nostro blog.
E ricordo di un post dove si parlava di un compostatore casalingo che essiccava scarti e bucce trasformandoli
velocemente in concime inodore.
Ugo ne aveva uno in prova e ne postava i risultati man mano che arrivavano.
Io mi chiedevo però quanti quintali di prodotto bisognasse produrre per giustificare tutta la roba, in senso verghiano* del termine, occorrente per fabbricare l’aggeggio, senza contare la corrente per farlo funzionare.

Considero questo l’inizio di una Odissea, una passaggio a Nord-ovest, una traversata del Deserto, una esplorazione con l’incontro di mister Livingstone**, in altre parole un viaggio epico che al contrario di una celebre frase di Groucho Marx: “sono partito da niente, sono arrivato a niente ma tutto da solo”, mi ha portato e in compagnia, a vedere mondi solo vagamente immaginati.
Non sono riuscito a ritrovare i miei commenti a proposito, più che altro perché dopo poco tempo l’EROEI*** della ricerca si stava pericolosamnete abbassando, cosa spregevole di questi tempi.
Ma col senno di poi, anzi, passati anni, non mi sembra che quei “seccascarti” abbiano avuto un apprezzabile diffusione.Per ragioni credo profondamente legate ad EROEI abitudini secolari, spazi domestici  e comunque che no intendo appropondire ora.
Al contrario, quelle “fototavolette” altrimenti chiamati “smarfoni”**** sono diventati più comuni degli scarafaggi in una panetteria sciatta, sporca e disordinata.
Ecco, proprio questi ordigni mi danno modo di parlare di un argomento caro ad Ugo, che, non so per quali vie, ma divenne un seguace del grande Antoine Laurent, quello della celeberrima affermazione.
“Nulla si crea nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Se possiamo fare a meno della telepatia, lo dobbiamo indirettamente ma infallibilmente anche ad uno come lui, Antoine Laurent-Lavoisier, padre della chimica moderna.
Mi stordisca Ugo col bromuro od il protossido d’Azoto, se mi sbaglio, ma in un telefonino ci sono o sono implicati come in un complotto internazionale, tutti gli elementi chimici della tavola periodica,
portata allo splendore da Dmitrij Mendeleev e ormai completata ed estesa da chi non s’accontenta dei pezzi standard del lego.
Da parte mia ho avuto fin dall’infanzia una inspiegabile attrazione per i metalli.
Per le loro proprietà senza le quali il mondo sarebbe semplice, primitivo, ma non necessariamente idilliaco.
Ci spaccavamo la testa e le ossa con le asce e le mazze di pietra, legate con i materiali compositi del tempo, i tendini e le cartilagini animali e le fibre vegetali, ed ora con l’uranio scremato dal suo isòtopo fissile.
“ Guerra é sempre è ”, ammoniva sulla via del ritorno a casa Mordo Nahum, l’ingenuo Primo Levi, chimico pure lui.
Bisognerebbe proporli per un premio Nobel***** per la pace tutti e due.
Stavo dimenticando la ragione di questa lettera.Appena in tempo, credo, che l’attenzione è ormai la merce più rara e deperibile del mercato globalizzato, forse più dell’elemento 31, e tanto quanto i mitili abbandonati alla calura estiva.
E’ una semplice lettera di ringraziamento a chi, Ugo per primo, continua a credere che valga la pena ingegnarsi per trovare delle soluzioni alll’irrazionale problema della presenza di un essere insaziabile
qual è Adamo, accompagnato da Eva, presente in un luogo, il pianeta Terra, che non è un landa circolare infinitamente estendentesi in uno spazio illimitato.
Ora, per chi ci vuol credere, la Terra non è né piatta  né come ho detto poc’anzi, ché ci sono anche degli infedeli di questo genere .Sappiamo infatti che c’è chi non crede per esempio che degli uomini siano allunati negli anni ’60.  Ma dalla Luna si vede proprio una sfera azzurrina sospesa in un vellutato profondo nero sforacchiato di luminosi buchi.Dall’oblò di un jet di linea si vede anche di notte, una ragnatela luminescente
tessuta su una superfice sferica che è una cosa diversa da un disco bidimensionale.
Questa visione accessibile ormai a miliardi di persone all’anno, non era accessibile né ad un Galileo al suo tempo, né ad altri, finchè non si sono resi disponibili quei metallici staraordinari volatili che una volta avevano nomi da mitologia, Comet, Caravelle, Concorde.
Nemmeno salendo sull’Everest si può avere una visione tanto ampia.
E trarre da questa che davvero Copernico aveva ragione. Anche se Aristarco di Samo l’aveva capito molto prima e ragionando sporto su di un pozzo.
Guardando meglio poi, su qull’agrume blu sospeso nel velluto nero diamantato si possono vedere orde di insetti d’ogni genere che brulicano ogni dove su quella biglia.
Ma ancor prima, si notato altre orde di esseri agitati dai comportamenti più strani.
Quelli più strani sono indubbiamente i nostri. Ma per capirlo bisogna avere una mente simile alla nostra.
E per ora, e io sono un agnostico quasi inguaribile, non ne abbiamo ancora incontrata una forestiera.
Mi associo alla domanda di Enrico Fermi, premio Mobel  per la fisica nel 1938.Dove sono tutti quanti?
Gli extraterrestri, s’intende.
Prima che diventi il primo capitolo d’un romanzo, concludo ringraziando anche tutte le persone che come Ugo e Luca, quello della passeggiata, mi hanno accompagnato in questi anni di ricerca e scoperta.
Io non adopero neanche una semplice lente d’ingrandimento, e le mie indagini e scoperte
sono soltanto dei modi diversi di giuntare delle parole di modo ché, “suonino più sonore”.
In un certo senso sono anch’io un chimico.
Folgorato da una adolescenziale e poi giovanile passione per l’elettronica, ma poi passato ad un monastico ardore per la fisica, medievalmente intesa.
I tempi che stiamo vivendo mi stanno portando alla biofisica.Dove il contare ed il raccontare s’intrecciano e si fecondano a vicenda e dove s’intuisce che il solo fatto di concepire di enumerare le cose, in linea di principio illimitatamente, produce regole che permettono di ampliare la stessa enumerazione delle cose da cui si è partiti. In altre parole, i topi Gigi, i Gatto Felix sono reali, solo nelle menti degli umani, ma se scoprissimo l’esistenza di certe regole, forse potremmo vederne di reali che davvero parlano come sappiamo fare noi.Il mondo che abitiamo è inconcepibilmente più magico di quanto certi scrittori e scrittrici di  genere fantasy ed horror possano immaginare.
E avere come Virgilio un Ugo Bardi per visitare tale mondo è un raro privilegio.
Ed era giunto il momento di dichiararlo.

Grazie a chiunque abbia avuto per me attenzione fino a questa ultima frase.

Una delle molecoletterarie da me trovate:

I bruti
li si turbi con versi
sì che visi incupiti
animi servi
d’ire sprecate
vedano luci
rubine nei bruni
minuti dei vespri
urti la rima
inebri caverne
gli scogli le rupi
liberi corpi
da male impietriti.

Anzi, due:

Disse il moscerino alla farfalla
sei stata tu a provocare l'uragano
io veramente sguscio solo adesso
e nemmeno ho disteso le mie ali
sarei io allora il reo da condannare
io che d'acini in aceto andati vivo
no non tu posato sulla buccia
un tuo parente dentro un abitacolo
che attirato da una lacrima
d'un presidente di corporazione
in viaggio verso un summit importante
l'ha accecato e condotto al camposanto
lo conosco quel cugino morto in auto
ha lasciato contro il cofano famiglia
e contro parabrezza migliaia di fratelli
senti amico mio io vivo fino a domattina
e nemmeno balena vorrei essere
falena sono e mi basta e avanza
andiamocene di qua non vedi l'ombra
è nube di tornado e senza pietà procede
o vuoi domandarle di chi sia sicaria.


*Vedi: Giovanni Verga, le novelle.
**Cercare la famosa frase “Mister Livingstone I suppose”  (in realtà:I presume)
*** EROEI, rapporto fra energia di ritorno e l’energia investita in un processo fisico.
****smarfoni-e: da smart-phone ovvero telefono cellulare assimilabile ad un computer da taschino.
***** Nobel, l’inventore della dinamite, alto esplosivo molto utile per scavare gallerie e scoperchiare miniere, di carbone, anche.

Marco Sclarandis


Wednesday, December 2, 2015

Rimedioevo-oveoidemiR*



Questa è l’introduzione ad un libro di versi dal titolo omonimo

Un noto cantautore italiano, non più giovinetto, nonostante il nome d’arte che s’è dato, in una intervista
ancora recente ha detto che quando si sposta
da un luogo all’altro per i suoi concerti, la Terra vista dall’alto gli appare disabitata.
La sua sensazione sarà sicuramente vera, ma la realtà è falsa.
Nel senso che la Terra è abitatissima e di ospiti che cercano di fare di ogni cortile il proprio Giardino dell’Eden, non potendo farne un Regno dei Cieli.
Tra quegli ospiti, quelli maggiormente indaffarati in questa tragicomica perenne ristrutturazione ci siamo proprio noi. 
Tutti noi umani.
Ovunque poniamo lo sguardo e mettiamo le mani, però, è ormai un continuo scoprire leggi e limiti che contrastano con le nostre mire imperiali.
Inoltre è sempre più evidente che abbiamo già commesso parecchi errori
i quali occorrerebbe riparare e anche alla svelta.
Se quello in corso sarà un secolo e forse un millennio dove aggiusteremo
le cose o un evo dove ci adatteremo a sopravvivere tra i rottami di un glorioso passato, dipende da quanti sono convinti e si convinceranno
che rimediare ad uno sbaglio è più regale che illudersi di raggiungere il dominio della perfezione.
I versi che seguono vi raccontano come sono arrivato a questa temporanea conclusione.

Questo invece il mio pensiero odierno, scaturito da una domanda posta da Ugo Bardi: 
“Che cosa ne pensate di questo”:

riferito a questo: 

http://www.mission-innovation.net/
http://www.breakthroughenergycoalition.com/en/?WT.mc_id=11_29_2015_16_Announcement_BG-TW_&WT.tsrc=BGTW

Il pensiero odierno:
Io ormai spero solo che la gente creda al miracolo.  Perchè se un miracolo si sta compiendo, ma la gente non ci crede, è come se non si compisse.
E credo che fisicamente il miracolo possa avvenire.  Non credo che i miracoli siano delle violazioni ad hoc delle leggi fisiche, ma siano eventi rari ma reali e possibili che fanno gridare al miracolo solo a causa della nostra ignoranza del mondo fisico.
L’intreccio quantistico, l’effetto tunnel, sembrano magie, prodigi, miracoli, masono eventi reali e in un certo senso ordinari.  Forse un Lucrezio, un Leonardo, un Archimede, dopo un iniziale sconcerto li avrebbero poi considerati per quello che sono, fisica, meravigliosa , ma fisica.  Certo che organizzare tutto di modo che, per sventare una sciagura occorra proprio un miracolo mi pare il massimo della malvagia superstizione.   
E’ ciò che stiamo facendo da decenni, non da stregoni apprendisti, ma da maghi di lungo e detestabile corso.
Credo che questo decalogo incompleto, deriso, frainteso e sciattamente divulgato da soloni, predicatori, e agitatori di popolo sia quanto di meglio per far apparire il miracolo su questa sventurata Terra.

Onore e merito a Serge Latouche:

Rivalutare. I valori sono diventati vuoti simulacri, sostituiti da megalomania individuale, egoismo e rifiuto della morale. Occorre rivendicare valori come l’altruismo, la collaborazione, il piacere, il locale.

Riconcettualizzare. La mancanza di valori dà luogo ad una visione diversa del mondo. Occorre ridefinire concetti come la ricchezza/povertà, la rarità/abbondanza distinguendo gli elementi reali da quelli di creazione artificiale.

Ristrutturare. Adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori.

Ridistribuire. La ridistribuzione delle ricchezze e delle risorse ha un effetto positivo sulla riduzione del consumo, per due fattori: ridimensionamento del potere dei consumi del Nord e diminuzione dello stimolo al consumo vistoso.

Rilocalizzare. Segue il principio del “think global, act local” per il quale occ orre produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari ai bisogni delle popolazioni.

Ridurre. Ridurre non significa necessariamente tornare indietro.
Significa limitare/eliminare il sovraconsumo ed abbattere gli sprechi.  La riduzione noncoinvolge solo le risorse, ma anche aspetti sociali come il tempo dedicato al lavoro.

Riutilizzare/Riciclare. È necessario ridurre lo spreco, combattere l’ obsolescenza delle attrezzature e riciclare rifiuti non riutilizzabili.

Riconoscere la necessità del cambiamento, questa l’aggiungo io, ma questo dovrebbe essere il primo comandamento.

  Non avevo sottomano il modo per rovesciare a specchio una parola.

Marco Sclarandis