Friday, October 31, 2014

Chè presto la bisca perisca.


Una persona amica mi dice,

"Le Cassandre economiche ormai pullulano, ben più di quelle relative alla deplezione delle risorse. Spero solo si sbaglino."
Riferendosi a questo articolo:

http://notiziariodellenews.blogspot.it/2014/09/a-quando-il-nuovo-collasso-del-sistema.html

(Un breve estratto che ne riassume la tragicomica sostanza:

Micheal  Snyder su The Economic Colapse Blog non ha dubbi e per rispondere compie un'interessante analisi sul mondo dei derivati negli Stati Uniti: gli istituti "troppo grandi per fallire" nel paese oggi hanno singolarmente oltre 40 trilioni di dollari di esposizione ai derivati​.

Con un debito nazionale di circa 17.700 miliardi di dollari, 40 trilioni di dollari è una cifra quasi inimmaginabile. E, prosegue l'analista, a differenza di azioni e obbligazioni, i derivati ​​non rappresentano "investimenti" in nulla: sono solo scommesse di carta su ciò che accadrà in futuro. Praticamente una forma di gioco d'azzardo legalizzato e le banche "troppo grandi per fallire" hanno trasformato Wall Street nel maggiore casinò nella storia del pianeta. Quando questa nuova ​​bolla scoppierà (e scoppierà sicuramente), il dolore che causerà per l'economia globale sarà maggiore di quanto le parole possono descrivere.)

Ecco allora la sua, secondo me, malriposta speranza:

"Le Cassandre economiche ormai pullulano, ben più di quelle relative alla deplezione delle risorse. Spero solo si sbaglino."

Io invece spero che presto che la bisca subisca il destino riservato a tutte le cose mortali.

Se si spera che questo ciclopico gioco d'azzardo prosegua ancora per anni, allora bisogna anche ammettere che si accettano le peggiori conseguenze che posteri e discendenti ne subiranno inevitabilmente.

Non credo nemmeno poi che questo gioco diverta tutti i biscazzieri.
Semplicemente si gioca per il terrore di non saper più cosa fare una volta che si debba uscire all'aria aperta.

La faccenda dell'Euro è esemplare.Per il bluff intrinseco alla sua creazione.
Alcuni avevano delle buone intenzioni, ma altri le avevo ottime, ma criminali.
E quindi hanno architettato una moneta unica, ma unica nel suo genere, per rendere centinaia di milioni di persone dei docili ma non troppo abbruttiti schiavi.
Ma, in sè una moneta identica per tutti non è una cosa negativa.

Noi Italiani ne abbiamo avuta una per centocinquant'anni, la Lira, e non credo proprio che se fossimo rimasti alle miriadi di monete e valute precedenti ad essa sarebbe stato molto meglio.
Memorabile ed istruttiva rimane la scena dal film "Non ci resta che piangere" del fiorino, e del carro che i due vagabondi conducono da posto di dazio ad un altro.
Anche dellle unità di misura uniformate, come il sistema metrico decimale, si possono fare simili considerazioni.

E' chiaro, che ai vantaggi dell'uniformità si accompagnano anche degli svantaggi.

E per questa ragione che in natura esiste sia l'ATP che la traboccante ed insopprimibile biodiversità.

( chi trovasse enigmatico l'acronimo ATP cerchi la parola adenosin-trifosfato e avrà delle illuminanti sorprese. )

Chi crede che l'uscita dall'Euro produca magicamente la guarigione dalle patologie finanziarie ed economiche s'illude.
Potrebbe essere utile, ma assolutamente insufficiente.

Lo stesso scioglimento del casinò psicotico e totalitario mondiale, non basterebbe a sanarci dall'aspettativa bacata che a forza d'alzate di posta alla fine tutti si rifaranno delle puntate in perdita.
Occorrerà  organizzare una nuova lotteria, dove le regole permettano ai gonzi di mettere in pratica la lezione imparata pure a caro prezzo, e ai giocatori del metodo Ponzi di riabilitarsi, magari sperimentando il piacere di esssere dei veri Mecenate.

Il vecchio adagio recita: Un bel gioco dura poco.

E non tanto per il gioco in sè, ma perchè qualsiasi gioco per quanto bello possa essere alla fine ci stanca e ci annoia.

Siamo noi la misura di tutte le cose, questa è la triviale, prosaica, inveterata ed insuperabile verità che l'adorazione del denaro cerca di sovvertire, offuscare, nascondere, invano.

Marco Sclarandis

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